L’accesso alla Riserva è consentito dietro pagamento di un biglietto d’ingresso di € 2,50 (fino a 12 anni e residenti gratuito); i biglietti vengono rilasciati presso il Centro visite (per le visite pomeridiane contattare il numero 335 6023968).

Gruppi superiori alle 10 unità devono comunicare la data e l’ora dell’arrivo al numero 335 6023968, anche via whatsapp.

Per visite guidate con accompagnatore esperto necessaria prenotazione al numero 

335 6023968.

Storia della Riserva

Alla fine degli anni Ottanta, in un incontro pubblico alla presenza di diversi amministratori del Medio Sangro per bloccare un progetto di captazione delle acque del torrente Rio Verde, che avrebbe portato alla totale scomparsa delle cascate omonime nel territorio di Borrello, fu determinante il colloquio con il sindaco di Rosello dell’epoca da cui nacque l’idea di istituire un’area protetta nel proprio territorio.

Era già noto, infatti, ma solo agli addetti ai lavori, la presenza di uno straordinario bosco di abeti già citato e segnalato dalla Società Botanica Italiana, dall’ex Ministero dell’Agricoltura e Foreste, da università e studiosi in genere. Pertanto, grazie all’impegno da parte dell’Amministrazione comunale di Rosello, nel giro di pochi mesi dal fortunato incontro si posero le basi per tutelare il bosco, e nell’ottobre del 1992 venne ufficialmente inaugurata un’Oasi di Protezione della Fauna istituita dalla Provincia di Chieti. Successivamente, la Regione Abruzzo, con Legge Regionale n. 109 del 23 settembre 1997, istituiva sulla stessa area ma ampliata a 211 ettari, la Riserva Naturale Regionale Guidata “Abetina di Rosello”. Nello stesso anno l’Abetina venne anche inclusa all’interno del più ampio SIC/ZSC IT7140212 della Rete Natura 2000, aree tutelate da Direttive dell’Unione Europea.

Storia delle abetine

I boschi ad abete bianco sono relativamente comuni nell’area alpina, frequenti e distribuiti in modo discontinuo, sulla catena appenninica hanno invece una presenza inconsueta e localizzata. Nell’Appennino centrale l’abete è attualmente presente in due aree principali: nell’Abruzzo teramano, sui Monti della Laga e sul versante settentrionale del massiccio del Gran Sasso e nell’area al confine tra l’Abruzzo meridionale interno e l’Alto Molise, zona che include anche l’Abetina di Rosello.

Quest’ultima, però, rappresenta l’area di maggior rilievo per l’abete bianco, compresa tra l’alto corso del Trigno e il medio bacino del Sangro, in cui i vari nuclei, anche se interrotti da pascoli e aree cespugliate, formano un complesso quasi unico a testimonianza di una più vasta abetina. Queste aree rappresentano i boschi relitti di ecosistemi forestali con abete bianco, un tempo molto più estesi, sia in formazioni pure che miste al faggio, e delineano oggi associazioni vegetali prioritarie in base alla Direttiva Comunitaria “Habitat”. I boschi tra Abruzzo e Molise hanno rappresentato delle vere e proprie aree di rifugio consentendo alla specie di superare la grande crisi dell’ultimo periodo glaciale e da qui sarebbero ripartite la riespansione dell’abete bianco e la ricolonizzazione verso il nord della penisola. Questi boschi sono peraltro costituiti dalla razza più meridionale di abete bianco, già descritta negli anni trenta del secolo scorso come varietà apennina, ed oggi riconosciuta, sulla base di indagini genetiche, come stirpe differente da quelle dell’Appennino settentrionale e delle Alpi.

Storia dell’Abetina di Rosello

Nella fascia centrale degli Appennini la documentazione storica attesta una distribuzione delle abetine ben più rilevante di quella attuale. Di queste presenze vi è conferma in autori e viaggiatori del Settecento e Ottocento e in numerosi documenti conservati negli archivi. Anche il bosco di Rosello era ben noto in passato, e ne sono testimonianza due importanti documenti. In un verbale di verificazione dello stato del bosco di Fonte Volpuna, questo l’antico nome dell’Abetina di Rosello, redatto nel maggio del 1858, la Guardia generale del Distretto Forestale elencava soltanto tra gli alberi di alto fusto un totale di oltre 2.500 abeti con un diametro compreso tra 80 e 120 cm e con un’età variabile da 80 a 200 anni. Inoltre l’Inchiesta Agraria Jacini (1877-1885) tra i pochissimi boschi descritti nel circondario di Lanciano citava anche quello di Fonte Volpuna di Rosello. Dell’800 si conservano diverse mappe, furono redatti piani di assestamento forestali, tuttora all’avanguardia in Italia, con una tipologia di taglio a spicchi, alcuni addirittura proposti dal fratello del più noto Michele Tenore. Negli anni ’50 del secolo scorso il bosco è stato visitato e studiato da botanici famosi, tra questi E. Schmid, A. Famiglietti e L. Susmel. Il primo di questi pare abbia avuto la prima intuizione per la formulazione della teoria dei cingoli forestali proprio ispirandosi al bosco di Rosello e ai territori limitrofi. Susmel nel suo ampio studio, nel descrivere l’Abetina di Rosello riferisce: “Ha l’aspetto selvaggio di selva fitta e scura che con la maestosità degli alberi incute paura al solo entrarvi”.

L’Abetina, che conserva ancora oggi la sua integrità, probabilmente è stata risparmiata da tagli e depauperamenti per la scarsa praticabilità del bosco, situato in una forra, e per la presunta scarsa qualità del legno. Le recenti ricerche da parte di diverse Università italiane ed europee hanno confermato che a Rosello sono presenti associazioni vegetali uniche e specie floristiche rare. La Riserva ha un’estensione di 211 ha, oltre ad una fascia di protezione esterna di ulteriori 800 ha, a sua volta ricompresa all’interno di un’area SIC/ZSC di poco più di 2.000 ha che include anche la limitrofa Riserva Regionale delle “Cascate del Verde” di Borrello.

 

Il territorio

Il territorio dell’area protetta si sviluppa prevalentemente su due versanti opposti, molto acclivi, dove al centro scorre il torrente Turcano, affluente di sinistra del Sangro, formando in tutta la lunghezza di attraversamento del bosco una vera e propria forra. L’altitudine varia dai circa 800 m s.l.m. del torrente ai circa 1.200 m di Monte Castellano e Monte La Rocca, con altri rilievi che superano di poco i 1.000 m. La quasi totalità della Riserva è ricoperta dal bosco, mentre ad est e soprattutto a sud, nel tratto a confine con il Molise, si estendono ampi pascoli, negli ultimi anni sempre più invasi da arbusti, conseguenza della riduzione dell’allevamento a carattere prevalentemente bovino. La straordinaria diversità ambientale e il livello di conservazione dell’area sono stati riscontrati di recente nel corso della redazione del Piano di Gestione del SIC/ZSC e delle varie ricerche in cui sono stati elencati ben 14 diversi habitat di interesse comunitario, e di questi 5 prioritari per l’Unione Europea. Per queste peculiarità, l’Abetina di Rosello, insieme ad altre formazioni forestali simili del Centrosud Italia, tutte aree SIC/ZSC, fu scelta per attivare un Progetto LIFE inteso a salvaguardare le ultime testimonianze di una vegetazione di estremo rilievo sul piano fitogeografico e selvicolturale. Il progetto, che ha avuto una durata quinquennale, a partire dal 1997 al 2001, ha coinvolto i nuclei di abetine considerati tra i più rappresentativi dell’Appennino centro-meridionale, distribuiti in Abruzzo, Molise e Basilicata. Si tratta, peraltro, di cenosi situate in corrispondenza di aree rifugiali che già avevano consentito all’abete bianco di superare la grande crisi dell’ultimo periodo glaciale.

La vegetazione e la flora

Nell’Abetina di Rosello, da un punto di vista fitosociologico, si possono distinguere diverse tipologie, si passa dalla cerreta alla faggeta, dall’abieti-faggeta al bosco misto mesofilo. Quest’ultimo rientra nella caratteristica dei boschi montani e submontani temperato-freschi in ambiente di forra, abbondanti lungo i versanti molto acclivi della stretta valle del torrente Turcano che divide a metà la Riserva, con una netta dominanza di alberi mesofili “nobili”, come Aceri (ben 6 diverse specie), Tigli, Frassino maggiore, Olmo montano, Carpino bianco, formazione riferibile all’alleanza Tilio-Acerion, habitat prioritario ai sensi della Direttiva comunitaria. Grazie alle recenti ricerche fitosociologiche, per le cenosi di Rosello a dominanza di Abete bianco ed Acero di Lobelius – specie quest’ultima molto rara e che raggiunge proprio qui il limite più settentrionale -sono state individuate diverse tipologie boschive. Risultano di grande interesse fitogeografico le associazioni forestali e in particolare la faggeta con Abete bianco (Aceri lobelii-Fagetum abietetosum albae), il bosco misto mesofilo di forra, (Aceretum obtusato-pseudoplatani), di cui è stata descritta proprio per Rosello la nuova subassociazione aceretosum lobelii, e la cerreta (Aremonio agrimonioidis-Quercetum cerridis).

In questo bosco è possibile rinvenire ancora oggi una flora ricca di elementi di origine terziaria che ne testimoniano l’ancestralità. Infatti, in queste aree l’abete si associa non tanto ad elementi boreali, come sulle Alpi, quanto piuttosto a specie (spesso con habitus sempreverde) di ambienti sub-tropicali, così come avviene in contesti montuosi di più bassa latitudine (Sicilia, Grecia, Turchia e Spagna). L’Abetina di Rosello rappresenta un mirabile esempio di foresta colchica montana, caratterizzata da una eccezionale ricchezza floristica e dendrologica, con specie come le sempreverdi laurofille, che testimoniano formazioni relitte altrove scomparse a seguito delle glaciazioni. Nella cenosi, ascrivibile dal punto di vista fitosociologico al Geranio striati-Fagion, si rinvengono in abbondanza specie rare o di particolare interesse fitogeografico come il Tasso (Taxus baccata), l’Agrifoglio (Ilex aquifolium), il Faggio a foglie larghe (Fagus moesiaca), il Pungitopo maggiore (Ruscus hypoglossum), la Daphne laureola, l’Iperico arbustivo (Hypericum androsaemum), la Fusaggine a foglie larghe (Evonymus latifolius), il Baccaro (Asarum europeum subsp. italicum), il Ribes multiflorum, l’Acero di Lobelius (Acer cappadocicum subsp. lobelii) e la Festuca drymeia (queste ultime endemiche dell’Italia centro-meridionale dove raggiungono il limite settentrionale del loro areale).

Vi sono inoltre piccoli ambienti umidi, anch’essi legati alla presenza di un bosco intatto, che offrono le condizioni ecologiche ideali per alcune interessanti e rare piante quali Lathyrus nissolia e Lamium galeobdolon. Interessanti anche alcune fitocenosi palustri, rappresentate da saliceti a Salix cinerea e da formazioni particolari a Carex paniculata, probabilmente riconducibili ai magnocariceti presenti nei vicini Altipiani Maggiori.

Anche i pascoli circostanti l’abetina risultano interessanti, in particolare l’associazione semimesofila Polygala flavescentis-Brachypodietum rupestris, nota per territori più settentrionali. Qui troviamo in abbondanza una specie che in tutta la regione è presente solo nel territorio di Rosello, l’Enula campana (Inula helenium), pianta ben nota agli antichi Romani e che Plinio descrive abbondantemente.

Sia nel bosco che nei pascoli degne di nota sono le fioriture di orchidee, nel territorio di Rosello se ne contano oltre 40 entità, con specie rare come l’Epipactis purpurata, l’Ophrys insectifera, l’O. majellensis e la Dactylorhiza incarnata.

La flora vascolare, tuttora in corso di studio, solo per i 200 ha di estensione della Riserva, annovera oltre 600 specie e tra queste si contano circa 100 specie di alberi ed arbusti, una diversità dendrologica straordinaria. Nell’ambito delle ricerche botaniche, con il progetto “Azioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità” finanziato dalla Regione Abruzzo, sono stati condotti altri due studi specifici, uno sui funghi con un elenco di oltre 500 specie e uno sulla flora lichenica per un totale di circa 200 specie. Alla notevole abbondanza di specie si aggiunge anche la rarità e soprattutto il fatto che molte entità sono indicatrici di una elevata necromassa (legno morto e poderosi tronchi sia a terra che in piedi) nonché la presenza di numerosi grandi alberi e un’alta disetaneità che dimostrano che si tratta di un vero e proprio bosco vetusto, siamo cioè in presenza di quella che viene definita “old-growth forest”. Ne sono testimonianza specie uniche di elevato valore fitogeografico come il Lichene polmonario (Lobaria pulmonaria), un’entità simbolo di una foresta matura e ben conservata. Nel complesso si sono rinvenute specie epifite o lignicole, terricole e sassicole, ma l’indagine ha portato alla scoperta di oltre 40 specie di prima segnalazione per l’Abruzzo, una nuova per l’Italia centrale, la Chaenotheca brachypoda, e la Verrucaria elaeomelaena, un lichene acquatico che si sviluppa soprattutto su rocce carbonatiche, nuovo per l’Italia e l’Europa centro-meridionale.

 

Il CEA delle Abetine

Il Centro di Educazione Ambientale delle Abetine ha sede presso i locali del Centro Visite della Riserva Naturale Abetina di Rosello. L’edificio, un tempo ad uso scolastico, è stato recuperato con un intervento di restauro e soprattutto di restyling volto a migliorarne la funzionalità e la percezione estetica; è stato possibile il recupero di tre piani dei quali il piano terra è destinato agli spazi espositivi con il Museo dell’Abete Bianco ed alla segreteria della Riserva, il secondo invece utilizzato come foresteria e locale di lavoro. Il CEA delle Abetine è stato riconosciuto a livello regionale ai sensi della Legge Regionale n. 122/99 sull’educazione ambientale e la sua vocazione non poteva che essere lo studio, la ricerca e la sensibilizzazione legati alla conservazione delle abetine appenniniche e delle foreste in generale. Il CEA delle Abetine sostiene e sviluppa azioni di supporto alla conservazione di questi ambienti minacciati e, pertanto, di interesse comunitario, partendo proprio dalla Riserva che per prima è stata creata per la protezione di uno degli ultimi nuclei di bosco con Abete bianco.

Il CEA si propone come centro di esperienza della rete INFEA ed è quindi inserito fra le strutture dove vengono prioritariamente attuate le politiche di sviluppo sostenibile e di educazione ambientale. Nell’ambito del programma regionale dell’Educazione Ambientale, esso promuove la cultura della tutela e della valorizzazione delle risorse ambientali, la raccolta e la diffusione di dati e di informazioni sullo stato dell’ambiente, l’approccio sistemico alla conoscenza del territorio, delle relative risorse e delle tematiche di riferimento globale, comportamenti individuali e sociali atti a favorire una gestione dell’ambiente e delle relative risorse per la sostenibilità. Nel corso degli anni sono stati promossi e realizzati molteplici progetti legati alla conservazione ma anche finalizzati all’animazione sociale e culturale del territorio del Sangro Aventino e dell’Alto Molise; il CEA ha inoltre da anni una convenzione con il D.A.F., Dipartimento di Tecnologie, Ingegneria e Scienze dell’Ambiente e delle Foreste dell’Università della Tuscia di Viterbo, per gli stage ed i progetti formativi degli studenti.

La ricerca scientifica

L’Abetina di Rosello già in passato è stata ampiamente studiata per gli aspetti botanici, ma, successivamente all’istituzione della Riserva, sono stati approfonditi molti argomenti. Numerose le tesi di laurea e di dottorato, così come tante ricerche da parte di Università ed Enti di ricerca, anche straniere. Sono state redatte diverse check-list e studi specifici su vegetazione, aspetti forestali, flora vascolare, funghi, licheni, avifauna, anfibi, rettili, micromammiferi, chirotteri, coleotteri, lepidotteri e molluschi terrestri.

A partire dal 2000, nei pressi di Fonte Volpona, è stata individuata ed attivata un’area (CON.ECO.FOR.) CONtrollo degli ECOsistemi FORestali; di queste aree ce ne sono 31 in tutto il territorio nazionale, di cui due in Abruzzo, compresa Rosello che è l’unica in Italia a rappresentare una biocenosi con Abete bianco. Tutte le aree sono inserite nei programmi di monitoraggio della Rete integrata nazionale e Paneuropea (ICP Forests). In questi siti vengono effettuate indagini scientifiche volte a investigare i cambiamenti a livello strutturale e funzionale degli ecosistemi in relazione a possibili fonti di inquinamento o a fattori climatici. I rilievi comprendono la valutazione dello stato delle chiome degli alberi, le analisi chimiche dei suoli e delle foglie, le analisi delle deposizioni atmosferiche, lo studio degli accrescimenti arborei, le indagini meteorologiche e lo studio della vegetazione arborea, arbustiva ed erbacea, oltre a quella entomologica. Dopo pochi anni di ricerca, soprattutto tra gli invertebrati, l’Abetina di Rosello e la foresta Marganai in Sardegna sono risultate le aree con la più elevata biodiversità in Italia. La presenza di determinate specie di insetti, appartenenti a gruppi diversi, molte delle quali legate al legno morto, indicano che la foresta è in buone condizioni ecologiche. Tra le numerose specie censite nell’Abetina, un Cerambicide, la Sterunella sennii, è risultata nuova per l’Italia insieme ad altre 5 di prima segnalazione per l’Abruzzo, mentre tra i Ditteri è stata descritta una specie nuova per la scienza, la Sarcophaga (Heteronychia) rosellensis, dedicata dai ricercatori proprio al paese di Rosello.

 

L’albero più alto d’Italia

Osservare un grande albero suscita quasi sempre in ognuno di noi una certa emozione. Taluni sostengono che i grandi alberi entrano in sintonia con la psicologia umana e con richiami ancestrali e sia possibile trarre energia da essi, semplicemente sedendosi alla loro base o abbracciandosi al tronco, tanto che negli ultimi anni si parla di potere guaritore degli alberi, la cosiddetta silvoterapia. I grandi alberi vengono definiti con una terminologia diversa, simile ma che ne accentua sfumature differenti, tra i nomi più ricorrenti: alberi patriarchi, alberi monumentali, alberi sacri, alberi secolari. La definizione di “albero monumentale” è riferita a tutti gli esemplari di piante perenni legnose, anche appartenenti a specie alloctone purché non invasive, in possesso di eccezionali caratteristiche rispetto alla specie di appartenenza, quali la longevità, le dimensioni ragguardevoli, il portamento e la forma peculiare, le eventuali condizioni di accrescimento in natura, nonché la rarità botanica. La monumentalità è anche legata alla sensibilità dell’uomo, al modo in cui l’individuo vegetale viene percepito non solo per il suo valore naturalistico ma anche per il rapporto che esso ha con la vita dell’uomo, la storia del territorio o leggende e aneddoti. Di recente è stato dato notevole rilievo ai grandi alberi, ne è testimonianza la recente pubblicazione di alcuni volumi specifici per l’Abruzzo ma parallelamente anche la Regione, con apposito decreto della Giunta n° 72 del 14 settembre 2012, ha sancito la tutela di circa 400 alberi con la definizione di “monumenti naturali”. A livello nazionale il Governo italiano ha emanato una Legge, la n. 10 del 2013 e relativo Decreto attuativo del 2014, con cui vengono indicati i criteri e le regole per il censimento e il riconoscimento degli Alberi Monumentali che i Comuni e le Regioni devono applicare.

L’Abruzzo, straordinariamente ricco di grandi alberi, detiene diversi record, come la Quercia più grande d’Italia, una Roverella che vegeta nel territorio di San Buono (CH), non particolarmente bella esteticamente ma con la circonferenza del tronco che supera gli 8 m, e la faggeta di Val Cervara, nei pressi di Villavallelonga (AQ) nel Parco d’Abruzzo, scoperta scientificamente da poco più di un decennio, e decretata come la foresta più vecchia d’Europa, in quanto la maggior parte degli alberi superano abbondantemente i 400 anni di età e con alcuni esemplari che si avvicinano a quasi 600.

Gli stessi studiosi che l’hanno scoperta, coordinati dai prof. Bartolomeo Schirone e Gianluca Piovesan dell’Università della Tuscia di Viterbo, contemporaneamente stavano lavorando nelle abetine relitte a confine tra Abruzzo e Molise e qui, effettuando rilievi piuttosto dettagliati sugli abeti bianchi, hanno misurato esemplari di straordinarie dimensioni e con altezze ragguardevoli.

Proprio nell’Abetina di Rosello venne misurata e certificata, agli inizi di questo millennio, l’altezza di un Abete bianco di ben 54 m, decretandolo come l’albero spontaneo più alto d’Italia.

È notorio che le sequoie della California, insieme agli eucalipti dell’Australia, sono le forme vegetali più grandi e alte del pianeta. Le “sequoie” dell’Europa sono in realtà i nostri abeti, sia l’Abete bianco che quello rosso, in assoluto gli alberi che crescono maggiormente in altezza nonostante non abbiano un tronco dal diametro eccessivamente grande. Va precisato che nel caso di Rosello non si tratta di alberi piantati, ma specie spontanee delle montagne dell’Appennino. Inoltre non ci troviamo di fronte a una sola pianta, ma a diversi individui che raggiungono i 50 m, mentre l’esemplare con il tronco più ampio supera di poco i 5 m di circonferenza.

Sulle Alpi, sull’altopiano di Lavarone presso Trento, era ben noto un Abete bianco di altezza e tronco simile, 54 m e una circonferenza di m 4.80, denominato “l’abete del principe” e considerato l’Abete bianco spontaneo più alto d’Europa, abbattuto da una tempesta nell’inverno del 2017. Un competitore europeo di tutto rispetto sarebbe stato anche l’Abete della Foresta di Marmano, in Corsica, che si dice fosse alto addirittura 58 m: fino al momento in cui non venne colpito da un fulmine, che gli troncò la cima abbassandone sensibilmente la statura.

Attualmente in Europa gli abeti bianchi più grandi, tra cui uno di 54 m e uno di 52 m, si trovano in Bosnia Erzegovina, rispettivamente nelle Riserve Naturali di Peruciza e Zanoglina.

L’esemplare di Rosello vive all’interno di una stretta e quasi inaccessibile forra del torrente Turcano, nel cuore della Riserva, dove l’elevata umidità e la competizione con altri esemplari a protendersi sempre più verso la luce ne favoriscono la crescita continua; questo fa presumere che a distanza di alcuni anni dalla prima misurazione la sua statura abbia superato abbondantemente la rilevazione. Pertanto, l’Abete di Rosello può essere considerato non solo l’albero spontaneo più alto d’Italia ma probabilmente il più alto d’Europa. È da evidenziare nell’Abetina di Rosello anche un altro record, si tratta di un’altra conifera, il Tasso (Taxus baccata), che normalmente ha portamento arbustivo, ma di cui è stato misurato un esemplare di circa 130 anni, con un diametro di 40 cm ma ben 22 di altezza, anche in questo caso dovrebbe essere l’esemplare più alto della specie in Italia.

 

IL CISDAM

Centro Italiano di Studi e Documentazione per gli Abeti/Ambienti Mediterranei

Dal 1997 opera presso la Riserva Naturale Regionale “Abetina di Rosello” il CISDAM – Centro Italiano di Studi e di Documentazione sugli Abeti/Ambienti Mediterranei – un punto di riferimento in campo non solo nazionale per tutti gli studiosi e per quanti si occupano ai più diversi livelli delle problematiche di conservazione degli abeti e più in generale delle foreste.

Il Centro, sorto per iniziativa di alcuni naturalisti e ricercatori fra i quali i prof. Bartolomeo Schirone, Francesco Spada, Franco Pedrotti, Franco Tassi, ha per statuto l’obiettivo di attivare studi e ricerche, in vari campi disciplinari, sulle specie del genere Abies, di diffonderne la conoscenza, di sollecitare e sostenere tutte le iniziative finalizzate alla tutela ed alla conservazione del genere, di coordinare le attività degli aderenti, di promuovere e favorire il rapporto fra gli studiosi e gli amanti degli abeti sia a livello nazionale che internazionale. Più in generale il Centro da diversi anni è impegnato nella promozione della ricerca scientifica anche in altri settori, in quello zoologico, ambientale, paesaggistico e storico, facendo propria, grazie anche alle diversificate competenze degli aderenti, l’esigenza di una lettura interdisciplinare nello studio del territorio.

Per conseguire questi fini il Centro esplica la propria attività mediante l’organizzazione di congressi, simposi ed incontri e con la pubblicazione di studi e monografie o la partecipazione a specifici progetti editoriali. Presso la sede del Centro a Rosello è ospitato un Centro Verde di documentazione con biblioteca, emeroteca, fototeca, archivio informatizzato che racchiude uno degli archivi più importanti per lo studio degli ambienti forestali abruzzesi e dell’Italia centrale, nonché documenti sulla storia delle aree protette in Abruzzo e in Italia.

Il Cisdam ha una propria rivista scientifica, Abietifolia (oltre 15 le pubblicazioni finora edite su vari temi inerenti la flora e la vegetazione, ma anche la storia del paesaggio e la fauna) ed una collaborazione costante con altre riviste quali Oasis e De Rerum Natura. Numerose e qualificanti sono state le attività finora svolte dal Cisdam in collaborazione con alcune università fra le quali l’Università di Viterbo, di Firenze e “La Sapienza” di Roma con studenti e ricercatori stranieri, con associazioni ambientaliste per problematiche di conservazione e con aree protette. Nel campo della conservazione infatti il CISDAM ha redatto Piani di Gestione di circa 30 aree SIC/ZSC, monitoraggi floristici e faunistici, l’aggiornamento del IV Report della Direttiva Habitat della Regione Abruzzo. Il Centro è iscritto all’Anagrafe Nazionale delle Ricerche dal 12 febbraio 1997 con codice 90781018.